Si pensi al concetto di forza: prima associazione che ricorre nell’immaginario comune è l’espressione della potenza muscolare, le gesta che l’uomo compie in uno sforzo fisico dovuto alla contrazione nervosa del tessuto fibroso.
Viene naturale utilizzare la parola UOMO nella definizione non letterale di un concetto astratto che detiene un carico valoriale importante. Dunque l’uomo, nell’accezione di essere umano di sesso maschile, diventa un elemento necessario e complementare per la rappresentazione del concetto in questione; di più, egli diventa titolare di una qualità, quella della forza, che è connaturata al suo genere sessuale.
Ne consegue che tutto ciò che si trova all’esterno della categoria “uomo” ricopra, dal punto di vista del possesso della forza, un posto gerarchicamente inferiore rispetto al soggetto primo e pertanto sia in qualche modo subordinato alla volontà e all’agire di colui che detiene il potere; donne, animali, piante: tutti in fila dietro “il grande Prometeo”.
Eppure, in filosofia, la definizione non è univoca, né legata ad una visione prettamente quantitativa ed anzi, il concetto di forza attraversa la storia assumendo sfaccettature a volte anche contrastanti in epoche e contesti diversi.
Termine dinamico e performante, spesso legato all’ambito del meccanicismo, principio preposto alla conversione del caos in ordine: la forza altro non è che l’archè del mondo, elemento fondamentale di trasformazione.
Una volta assunta questa definizione, per traslato applicabile anche alla realtà quotidiana della vita come capacità di affrontare e mutare le situazioni in base a ciò che la contingenza richiede, si pensi nuovamente al concetto di forza in relazione alla donna: anche questa volta, forse con più difficoltà, l’immaginario comune è spinto verso una figura mascolinizzata, che perde in sensibilità, educazione e dolcezza, tratti specifici della femminilità.
La donna forte ricalca la figura dell’uomo “dal bicipite d’acciaio”, al più ella riceve meriti perché in grado di conciliare impegni e doveri a cui ogni giorno è costretta a far fronte.
L’accostamento stona, ci restituisce immagini dalle quali siamo circondati ma che non creano una rottura talmente rilevante da spingerci a riflettere sulla disparità evidente: è come se quando si parla dell’ uomo forte, tale sentimento fosse qualcosa di incamerato da lui, frutto di un moto che si sposta dall’esterno verso l’interno del suo corpo, un elemento che lo arricchisce, lo potenzia appunto; mentre per la donna il moto diventasse inverso, un effluvio che la abbandona, che da lei si volge alla realtà circostante, come se ella non potesse essere forte che per gli altri, un dovere nei confronti di mariti, figli, casa, famiglia.
In un certo senso la forza è connotata quantitativamente e di conseguenza la donna non può che trovarsi in uno stallo deficitario dovuto ad un’oggettiva inferiorità, una debolezza che si riversa sul suo agire e contribuisce all’iniqua divisione dei ruoli sociali.
Proviamo ad invertire il paradigma e prendere in esame invece un aspetto qualitativo, attraverso una rivisitazione tout court di cosa significhi “essere forti”: mettiamo in discussione il fatto che la donna sia da sempre assoggettata al volere dell’uomo, unico legittimato
all’esercizio della forza; la contestazione partirà proprio dall’idea che ella sia in grado di declinare se stessa a partire da una dimensione sensibile più vicina ai concetti di giustizia, di empatia, di relazione e dunque parallela a quella – quantitativa – maschile.
Un’esperienza di sé, una forza d’animo e riflessiva, qualitativa appunto, che passa attraverso la consapevolezza: del proprio corpo, delle ingiustizie vissute, della debolezza come elemento necessario per la propria affermazione.
Diverse sono le donne che nella storia della filosofia hanno pubblicamente contestato gli schemi precostituiti, si sono liberate dalla tradizione che sperava di destinarle ad esseri passivi e privi di forza; alcune di loro hanno portato a galla aspetti fondamentali che saranno ripresi nei prossimi articoli per evidenziare come la forza femminile risieda in una dimensione propria, da indagare a fondo per un percorso di conoscenza e scoperta di sé utile a tutti, uomini e donne.
“Prendere il fatto di essere una donna come un’occasione: […] un punto su cui fare leva per pensare fuori dagli schemi”
(Sensibili guerriere. Sulla forza femminile, Federica Giardini et al., 2012, Iacobellieditore)