Le parole fanno male. Le parole a volte fanno più male dei fatti, ed aiutano a perpetuare un idea sbagliata all’interno di una società. Prendiamo ad esempio il termine “brutto” o “alto”. Singolarmente non ci sembrano avere così tanto peso, ma se uno di noi si identifica con questa caratteristica, e la ritiene negativa, quando gli/le viene detta questa parola, sentiranno tutto il peso di essere non all’altezza della società che li circonda.
Poi c’è un altro caso, quando non è l’individuo a ritenere quella caratteristica negativa, ma tutta una società che definisce negativamente – e caratterizza implicitamente tutti gli appartenenti a – una determinata categoria. Ed è proprio allora che anche se non ce n’è rendiamo conto usiamo le parole per ferire persone che non conosciamo neanche.
Ho avuto la fortuna di poter vedere un video di una coraggiosa madre australiana, che ha iniziato un movimento contro l’uso delle parole negative: Jannie Fenton. Secondo quello che lei insegna parlando di disabilità, la negatività è negli occhi di chi guarda, e che qualsiasi idea o parola negativa viene dalla società che ci circonda e che noi tutti aiutiamo a modellare.
Le persone per rispettare gli altri e creare una società eticamente positiva dove tutti possano vivere senza soffocare, dovrebbero fare tre cose: primo, controllare la propria testa, e vedere da dove vengono quei pensieri che ci portano a dire parole negative.
Secondo, controllare le nostre parole, perché se anche sembrano innocue, come già menzionato, possono ferire più dei fatti.
Terzo agire, di conseguenza, creare una comunità di persone che vivono insieme piuttosto che una società che tira a campare, perché “Tanto ormai è così da sempre, perché dovrei cambiarla?”
La mia parte preferita di questo TedTalk è quando la Fenton parla di come a volte parliamo di persone semplicemente associando la caratterista che la categorizza. Per esempio, mi è capitato diverse volte di sentire “Il ragazzo Down che viene in classe con me.” quanti di voi si ricordano il nome di quel ragazzo?
La Fenton, continua descrivendo di come questo possa essere difficile per queste persone, con questo esempio: “Pensate che ogni volta che qualcuno dice il vostro nome aggiunge una caratteristica peculiare del vostro aspetto, vi piacerebbe?” vi piacerebbe essere chiamati Giovanna denti storti, o Mario naso gigante?
Purtroppo, mi sono resa conto che questo già accade nella nostra società, e questi nomignoli sono veramente offensivi. E per noi è “normale”.
Le parole contano, non solo per ridere e scherzare, ma anche per trasmettere odio e amore. Sono talmente tanto importanti che un “Ti Amo” può cambiarci la vita così come un “Ti odio! “Sono talmente importanti che ascoltare il parere delle persone che amiamo, e che contano per noi, è più importante di pensare con la nostra testa a volte, perché ci fa sentire amati e protetti. E se quelle persone non ci sono più o sono lontane da noi, nella nostra testa facciamo finta di poterle sentire, perché sappiamo cosa avrebbero detto in quell’occasione.
Se sappiamo che le parole sono importanti, se sappiamo che possono ferire, se pensiamo che possono creare emozioni forti, perché continuiamo a far finta che gli insulti possano essere parte di uno scherzo, e che il “politically correct” è troppo per la nostra società? In questi giorni c’è stata tanta polemica su quello che è stato detto e fatto da Pio ed Amedeo, ma sono davvero loro quelli sbagliati, o è una società che si rifiuta di adattarsi e tutelare persone che ne sono parte? Questo fatto di schierarsi con la destra, o con la sinistra, con il centro, con la Lega, con Fedez con Babbo Natale. Dobbiamo schierarci con le persone, perché noi siamo essere umani e come tali abbiamo bisogno di contatti positivi nella nostra vita. Abbiamo bisogno di svegliarci la mattina e pensare di avere un futuro per noi e per le nostre future generazioni. Come ce la riprendiamo questa Italia che in un mondo esposto ai commenti globali si nasconde dietro ad “era solo uno scherzo, non abbiamo fatto male a nessuno?”