Il mondo della moda, per alcuni, può essere quanto di più possibile lontano dai propri interessi e dalle proprie passioni.
Eppure la scelta di un indumento, da parte di ciascuno di noi, passa attraverso le precedenti decisioni di qualcun altro, che ha stabilito che quel capo, di quel preciso modello e colore, verrà a trovarsi tra le nostre mani, in quel negozio e in quel determinato periodo dell’anno.
Tutto questo viene magistralmente spiegato da Miranda Priestly (interpretata da una divina Meryl Streep) ne “Il Diavolo veste Prada”, in uno dei monologhi cult del film.
Inoltre, la moda è ciclica, quindi tutto torna, anche se in maniera diversa e al passo con i tempi che corrono.
Esistono però dei capi iconici diventati leggenda, insieme alla mano di chi li ha creati.
È il caso di Mary Quant, conosciuta da tutti come l’inventrice della minigonna, resa ancora più celebre dalla modella Twiggy e portata da generazioni e generazioni di donne. Ma questa stilista è stata molto altro: ripercorriamo brevemente la sua storia e le sue creazioni.
Barbara Mary Quant nasce a Blackheat, un sobborgo di Londra, l’11 febbraio 1934; studia al Goldsmiths College, dove segue corsi di educazione artistica ed illustrazione, coltivando il sogno di diventare stilista. A sedici anni decide di andare via di casa, per respirare appieno la voglia di libertà nella Londra ‘bohemienne’ di quegli anni. Nel 1953 conosce il suo futuro marito e socio in affari Alexander Plunket Greene e la coppia, due anni dopo e grazie anche all’aiuto di un amico, decide di acquistare una casa sulla King’s Road.
Al primo piano dello stabile, Mary e Alexander allestiscono la boutique “Bazaar”, che con il passare del tempo diventa il punto di riferimento delle nuove generazioni, fino ad attrarre l’attenzione del mondo del cinema, del teatro e dell’arte.
Le creazioni di Mary Quant interpretano al meglio la volontà, nei cosiddetti Swinging Sixties, di rompere con il passato: la gonna corta comunica emancipazione, portando ad una nuova visione della donna che si stacca dall’immagine della pudica casalinga perfetta degli anni ’50. Questo stile rappresenta una ventata d’aria fresca per l’epoca, e lei non si stancherà mai di dire che “sono state le ragazze di King’s Road a inventare la mini”, ovvero che sono state proprio le sue clienti a chiedere nuove gonne e abiti nei quali sentirsi a proprio agio.
Il punto vita degli abiti non è più strizzato come quello degli anni ’50, ma è ribassato, attingendo agli anni’20; Mary Quant reinterpreta anche i pantaloni e i completi maschili rendendoli femminili, creando una perfetta combinazione tra questi due mondi.
Il suo spirito di innovazione si estende anche ai materiali, come il PVC, con il quale sono realizzati i suoi famosi ‘raincoat’, gli impermeabili dai colori sgargianti.
Decide di lanciare anche una linea di cosmetici e una linea di calzature, e il suo contributo avanguardistico si estende anche nei negozi di parrucchieri: infatti il suo taglio corto con frangetta, ad opera di Vidal Sasson, diventerà noto in tutto il mondo.
Due anni dopo la nascita di Bazaar, Mary Quant inaugura una seconda boutique nell’ aristocratica Brompton Road, a Knightsbridge.
E proprio qui che nasce una delle sue frasi più famose: “La snobberia non va più di moda, e nel mio negozio potrete trovare duchesse e segretarie che si accalcano per comprare lo stesso vestito”.
E, a proposito di titoli nobiliari, nel 1966 viene insignita dalla regina Elisabetta della medaglia per il suo contributo alla moda britannica; andrà a ritirare il premio a Buckingham Palace con questo favoloso abitino bianco.
Negli anni ’60 quindi, nonostante Parigi rappresenti ancora il faro dell’alta moda per tutto il mondo, anche Londra inizia a lanciare dei trend che faranno la storia, grazie anche al “Ginger Group”, fondato da Mary Quant per esportare le sue creazioni negli Stati Uniti.
Nel 2019 il Victoria & Albert Museum di Londra ha dedicato a Mary Quant la prima retrospettiva internazionale che ripercorre la storia della stilista dal 1955 al 1975.
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